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  • Perchè far studiare musica ad un bambino?

    PERCHE  FAR STUDIARE  MUSICA A UN BAMBINO?

    (intervista a Laura Peco)

     

    D. Abbiamo chiesto a Laura Peco, direttrice della Scuola Musicale di Milano, nonché insegnante di Pianoforte e di Percezione musicale presso la stessa, perché mai, con le numerosissime proposte di oggigiorno, dovremmo proprio scegliere un’attività musicale per i nostri figli? Che cosa dovrebbe convincerci che sia un’attività più importante delle altre?

    R. In effetti, a volte, tendiamo a mettere tutto sullo stesso piano: tennis, piscina, scuola di circo, danza, karate e, naturalmente, musica. Senza naturalmente disconoscere l’attività sportiva che è importantissima per la crescita di ogni bimbo, mi permetto di  spendere qualche parola a favore dell’attività musicale o meglio dell’EDUCAZIONE MUSICALE.

    Oggi si fa un gran parlare di educazione musicale ma in realtà, questo tipo di educazione è scomparso: nelle scuole dell’obbligo si fa sempre meno, o meglio si fa soprattutto per esibire qualcosa ai genitori alla fine dell’anno, molte volte senza un vero e proprio percorso didattico o formativo. Quanti saggi ho visto (di mio figlio, di amici, nelle stesse scuole dove insegnavo) in cui la cosa più importante era riempire il silenzio: e allora grande utilizzo di basi registrate (in cui spesso la tonalità o l’estensione erano inadatte alle voci disponibili), di arrangiamenti improbabili, di strumenti mal diretti, di voci neppure minimamente impostate. Tutto doveva essere finalizzato principalmente al riconoscimento immediato da parte del pubblico (pensi alle canzoni di musica leggera o, peggio ancora, alle versioni facilitate di celebri pezzi classici) che così a sua volta non doveva fare neppure un piccolo sforzo di ascolto perché già conosceva le melodie. Io sostengo che invece bisogna al contrario togliere gradatamente dagli orecchi dei bambini e dei ragazzi tutto ciò che quotidianamente li riempie. Il fatto è che viviamo con una costante colonna sonora rumoreggiante nella quale diventa sempre più difficile isolare e riconoscere i suoni e gli elementi che la compongono. Un tempo pensavo che fosse una caratteristica solo delle città (i rumori del traffico, della vita frenetica e “moderna”) ma ultimamente mi sono accorta che anche chi vive in campagna sente la necessità di immergersi nel caos indifferenziato e così frequentemente si incrociano automobili dove il volume dello stereo è a livelli preoccupanti per la salute o la televisione nelle case è costantemente accesa con il suo vomitare continuo di sigle e stacchetti. In questa situazione così generalizzata è difficile parlare di educazione musicale: è arduo parlarne agli adulti, che a loro volta, non avendo avuto questo tipo di formazione di base, spesso la confondono con il saper strimpellare uno strumento, ed è soprattutto difficile parlarne ai ragazzi che hanno ormai un ascolto “deformato” dai messaggi sonori facilmente usufruibili tramite i moderni mezzi di comunicazione. Un insegnante di musica che si avvicini a bambini e ragazzi trova molte più difficoltà a farsi capire rispetto, per esempio, a vent’anni fa quando comunque c’era ancora un po’ di magia e di voglia di scoperta nell’avvicinarsi alla musica.

    1. È un quadro piuttosto preoccupante: che cosa si potrebbe fare di concreto?

    Io sostengo da anni la necessità di un’educazione musicale di base che non deve per forza sfociare nell’apprendimento di un strumento in modo professionale ma che può aiutare a districarsi meglio in questo groviglio sonoro in cui siamo involontariamente immersi. E per districare un groviglio, per trovarne il capo, innanzitutto ci vuole pazienza e tempo, altre due qualità che stiamo perdendo. La musica secondo me insegna proprio questo: aver pazienza, aspettare, riconoscere l’importanza del tempo, rivalutarlo, dilatarlo, condividerlo. Se si inizia a fare ciò già dai primi anni di vita, il bambino avrà sicuramente una crescita più armonica e più felice.

    1. D’accordo, ma come si dovrebbe procedere?
    2. Occorre sviluppare le capacità di base del bambino, il suo mondo sonoro. I bambini non nascono con un’attitudine musicale ma con delle tendenze sensoriali che occorre sviluppare ed educare. Quando parliamo di apprendimento musicale dobbiamo fare riferimento a un momento importantissimo di tutto il processo educativo che è la fase sensoriale. Quest’ultima coinvolge non solo la percezione uditiva del suono ma, in un tutt’uno con essa, una molteplicità di sensazioni motorie, tattili, visive che preparano il terreno per lo sviluppo delle percezioni e favoriscono l’assimilazione degli elementi musicali. Ecco perché non possiamo disconoscere l’importanza di un’educazione sensoriale globale in cui la musica diventa uno dei tanti elementi.

    Si può dire che il mondo del bambino è sonoro fin dall’inizio, poiché è con il suono e attraverso di esso che il piccolo stabilisce le prime relazioni importanti della sua vita. Il grembo materno è innanzi tutto un insieme di vibrazioni che costituiscono il primo contatto con il mondo; in esso il bambino percepisce i ritmi fisiologici del cuore, della respirazione suoi e della madre e soprattutto percepisce la voce materna, impara a valutarne l’intensità e l’altezza collegate alle intonazioni affettive ed emotive. A questo si aggiunge il patrimonio musicale di nenie, filastrocche, canti e ninne nanne che la madre comunica e trasmette al suo piccolo nel cullarlo e rassicurarlo durante la crescita. Scopriamo quindi che il primo contatto del bambino con l’ambiente che lo circonda avviene attraverso l’organo uditivo. Il piccolo fin dalla nascita sente passi, rumori, voci, canzoni che hanno su di lui effetti benefici, lo rassicurano e lo fanno divertire. Bisogna sottolineare che le espressioni vocali del bambino prima del periodo verbale sono molto più vicine al mondo sonoro-musicale che a quello più propriamente verbale. A due anni le espressioni vocali si esteriorizzano in ariette di propria invenzione, in piccole melodie tonali che trasmettono gioia e sicurezza. Il bambino accompagna queste manifestazioni vocali con la danza, il movimento, la battuta ritmica delle mani. Interessante è vedere e studiare come fin dai primi mesi e fino all’adolescenza esista un’attività spontanea di esplorazione sonora.

    La prima constatazione è quindi che il bambino esplora, scuote, gratta, fa rimbalzare e ascolta senza che nessuno glielo abbia insegnato. In un secondo stadio il bambino esplora “l’oggetto sonoro”, infatti egli si concentra sul suono prodotto dall’oggetto/strumento a spese degli altri meccanismi visivi e tattili con un conseguente slittamento dell’interesse dall’oggetto materiale a quello sonoro. Si dimentica degli aspetti meccanici per fissare la sua attenzione al suono stesso; la motricità non ha più il sopravvento sull’ascolto ma è ora quest’ultimo che guida la mano.

    Verso i sei anni nasce nel bambino una certa sensibilità per gli effetti formali, egli infatti ascolta con orecchio attento le particolarità interessanti della produzione sonora.

    Se è chiaro che fin dai primi giorni di vita il bambino è soggetto attivo che esplora, ascolta, manipola, imita, produce suoni e assimila messaggi, è altrettanto palese che ha bisogno di un adulto che, cosciente del fatto che non è sufficiente il “lasciar fare”, gli dia sempre nuove e adeguate stimolazioni, creandogli occasione di fare esperienze sonore contribuendo a condurre uno sviluppo apparentemente spontaneo.

    1. E qui entra in ballo l’educazione.
    2. Si. Sarà compito dell’intervento educativo proporre attività e materiali sonori che rispettino le peculiarità espressive del linguaggio musicale infantile e che promuovano lo sviluppo melodico e vocale insieme a quello ritmico-armonico.
    3. Può spiegare meglio ai nostri lettori in cosa consisterebbe l’opera dell’educatore in questa fase di apprendimento e di crescita del bambino?
    4. Dobbiamo distinguere due aspetti nel processo di formazione del bambino, quello melodico vocale e quello ritmico. Dal punto di vista melodico vocale è opportuno anzitutto aiutare e incrementare il canto spontaneo (presente nel bambino fin da piccolissimo), in secondo luogo non trascurare tutto il mondo sonoro indotto dall’ambiente, motivando il bambino a trasformare l’imitazione in appropriazione emotiva.

    Anche l’esperienza ritmica non deve essere ignorata poiché scaturisce da precise regole a cui gli stessi cicli e fenomeni naturali sottostanno da sempre. L’esperienza ritmica andrebbe favorita al meglio con varie proposte musicali, partendo dalla scoperta, dalla localizzazione dello schema corporeo.

    1. Che importanza ha il corpo del bambino in questo delicato processo di apprendimento e che margini di intervento può avere l’educatore?
    2. In questa fase il corpo è per il bambino uno strumento di conoscenza unico. Attraverso le possibilità motorie del proprio corpo (che l’educatore stimolerà attraverso gesti, suoni, azioni nello spazio ecc.), il bambino potrà acquisire una sempre maggiore abilità di coordinazione e organizzazione dei movimenti fino a stabilire una relazione corpo-suono tramite l’ascolto di canti e brani musicali dalle caratteristiche ben riconoscibili. Successivamente, dopo le attività di esplorazione libera si potranno offrire ai bambini oggetti da usare come prolungamento della persona nello spazio, per accrescere le possibilità creative dei movimenti o anche più semplicemente per aiutare i bambini a conoscere il proprio corpo e a contribuire alla nascita di giochi simbolici.

    Inoltre ogni bambino ha capacità di vivere la musica come tramite; ciò può metterlo a contatto con le proprie emozioni più interne. È quindi valore inestimabile educare alla/con/per la musica riaffermando il valore di quest’ultima come materiale e occasione ludica non dimenticandosi dell’importanza dell’ascolto e delle emozioni che la musica suscita.

    Importante è quindi lavorare con i bambini su più fronti: da una parte approfondendo alcuni aspetti e finalità globali  che riguardano lo stare in gruppo piacevolmente, il rapporto positivo con i compagni e l’insegnante, lo sviluppo delle capacità creative, dall’altra non dimenticando mai le finalità più specificatamente tecniche e musicali e il raggiungimento di alcuni semplici obbiettivi che contribuiscono a delineare un rapporto felice e non frustrante con la musica.

    1. Lei insegna da anni propedeutica musicale. Può dirci qualcosa su questo corso?

    R. Il corso è specificamente pensato per i bambini dai 3 ai 6 anni. Consigliamo sempre una frequenza di almeno due anni. Durante il primo anno i bambini si avvicinano alla musica attraverso esperienze varie e complementari; imparano ad agire all’interno del gruppo, a rispettarsi, ad ascoltarsi e a farsi ascoltare, a concorrere insieme alla realizzazione di un obbiettivo comune. Si avvicinano agli strumenti, e cominciano a distinguere timbri, materiali, caratteristiche di risonanza e aspetti affettivi del suono. Hanno la possibilità di suonare insieme e di verificare l’effetto che ciò produce. Attraverso un approccio vario e divertente cominceranno a capire che, per esempio, i suoni possiedono un’altezza, possono essere forti o deboli, possono crescere, diminuire, accelerare, rallentare, ecc. Per raggiungere questi obbiettivi ci serviamo spesso di danze popolari il cui apprendimento è fondamentale ai fini del metodo educativo che seguiamo. Utilizziamo danze popolari proveninenti da tutto il mondo: dai Balcani alle Americhe, dai popoli israeliani e arabi a quelli dell’Europa Centrale). I bambini devono anzitutto impararle e per farlo devono appropriarsi della forma musicale di queste, individuarne le simmetrie, le ripetizioni, le variazioni, il ritmo ecc. Questo è un lavoro molto importante che permetterà loro in seguito di analizzare e quindi di comprendere molto bene le diversità tra alcune forme musicali più complesse quali ad esempio il Canone, la Sonata, il Tema e Variazioni, la Fuga, attraverso un lavoro creativo sull’ascolto. Ma torniamo alle danze. Devono poi naturalmente danzarle e devono farlo tutti insieme. Danzare insieme significa comprendere e abituarsi ad ascoltare e quindi a rispettare contesti musicali di provenienza molto diversa.

    1. Questo è il programma del corso?
    2. No, questo è il programma del primo anno. Durante il secondo vengono approfonditi alcuni temi già trattati e ne vengono introdotti di nuovi attraverso un particolare punto di vista, quello della voce. Stimolare i bambini all’uso della voce significa consentire loro di rendersi conto e di sfruttare a pieno le proprie possibilità, senza paure o complessi: significa abituare i bambini a muovere la propria voce con disinvoltura, nello stesso modo in cui muovono gambe e braccia; imparare a usare bene la voce significa infine acquisire la gioia di cantare insieme e bene e sfruttare questo “strumento” come un’occasione in più per comunicare, imparare e provare emozioni. Accanto all’uso della voce particolare attenzione viene dedicata allo sviluppo delle forme grafiche e di simbolizzazione attraverso le quali diventa possibile ‘fissare’ sul foglio ciò che si esegue.
    3. Il metodo che impiega è frutto di esperienza personale o è stato già adottato da altri insegnanti?
    4. In realtà NON ho un metodo prefissato: l’esperienza mi ha insegnato che dobbiamo riferirci a una molteplicità di esempi didattico–musicali poiché da tutti possiamo attingere con interesse in ugual misura: se J.Dalcroze e L.Bassi ci aiutano ad affrontare i temi della ritmica e del movimento, non possiamo prescindere da Z. Kódaly e da R. Goitre per quel che riguarda l’intonazione e l’uso della voce o da C. Orff per la musica d’insieme e la scelta degli strumenti … e così via.  Un metodo unico deve esserci solamente nella serietà e nella piacevolezza del fare insieme alla convinzione di avere una grande responsabilità: quella di guidare i bambini verso un mondo ricco di spunti e prodigo di sensazioni: un mondo che li aiuterà a crescere armonicamente con se stessi e con gli altri.
    5. Come si svolgono gli incontri?
    6. Ogni lezione, settimanale, ha la durata di un’ora circa; i bambini vengono accolti con un canto di benvenuto al quale sono invitati a rispondere adeguatamente. In seguito si affrontano i vari argomenti  tenendo sempre conto delle possibilità di attenzione e concentrazione dei bambini; per questo è utile, durante i primi incontri, variare le attività alternando per esempio l’uso degli strumenti a una danza, a un canto, a un gioco di movimento, ecc: I bambini all’inizio non devono avere la possibilità di annoiarsi, devono subito comprendere che fare musica può essere qualcosa di molto divertente; in seguito, naturalmente, verranno stimolati ad allungare i tempi di attenzione e concentrazione attraverso  un procedere che favorirà l’approfondimento, la ripetizione e la durata maggiore di ogni singola attività.
    7. La necessità di variare e di alternare il tipo di attività è alla base di molte metodologie didattiche moderne: può chiarire meglio e illustrare gli argomenti che volta per volta vengono affrontati nel corso di una lezione?

    R. Gli argomenti possono essere riassunti in alcuni grandi temi: anzitutto le caratteristiche del suono: partendo dal silenzio si distingueranno via via le principali caratteristiche del suono quali la risonanza, l’intensità, l’altezza, ecc. attraverso giochi di identificazione con personaggi, sonorizzazioni di ambienti ed esperienze di ascolto attivo.

    Un altro argomento stimolante e che si presta a molte “variazioni sul tema” è il ritmo: si stimolano i bambini a fare attenzione ai ritmi esterni (in casa, in strada, nell’ambiente, nella musica, ecc.) e interni ( il battito del cuore, la respirazione, ecc.), a distinguere tra pulsazione e ritmo, tra tempo e ritmo. Si rivolge l’attenzione verso la parola e il parlare come  esempio di andamento ritmico in cui le parole rappresentano le prime cellule ritmiche riconoscibili. Attraverso il movimento e la gestualità i bambini sperimenteranno il ritmo direttamente e praticamente, lontani da qualsiasi imposizione teorica.

    1. Nel corso delle lezioni impiegate anche strumenti musicali?
    2. Naturalmente. L’uso degli strumenti permette ai bambini di partecipare in prima persona all’evento sonoro, di affinare la manualità, di scoprirne gradualmente le caratteristiche e le possibilità timbriche e di risonanza, di riconoscere forme e materiali. L’uso creativo degli strumenti è sempre fonte di gioia e di confronto e ascolto all’interno del gruppo. Come già ho avuto modo di sottolineare in precedenza, tra gli strumenti, occupa un posto del tutto particolare e in un certo senso privilegiato la voce. Nel corso della lezione, se ne scoprono le possibilità tecniche ed espressive e si concorre alla creazione di un piccolo repertorio di canzoni e filastrocche che stimoleranno la voglia di cantare insieme e saranno lo spunto per altre attività creative.
    3. In sintesi: alla fine di questo corso un bambino cosa avrà imparato?
    4. Se l’apprendimento sarà stato corretto e gli obbiettivi raggiunti, un bambino saprà comprendere e discernere le qualità e le caratteristiche del suono. Avrà affinato capacità di base come l’orientamento spazio-temporale, la manualità fine, il coordinamento audio-oculo-motorio e infine avrà sviluppato l’orecchio, la concentrazione e la memoria.
    5. Terminato il corso quali prospettive si aprono?
    6. In genere i bambini scelgono di continuare con lo studio di uno strumento ma secondo me sarebbe anche importante consentire loro di proseguire con l’esperienza di gruppo e la sperimentazione sonora.
    7. Allude al corso di Percezione Musicale che da alcuni anni tiene presso la Scuola Musicale di Milano?
    8. Sì. L’Educazione Percettiva consente al bambino un vero approfondimento e un completamento irrinunciabile allo studio dello strumento.
    9. Vuole dirci in cosa consiste più specificamente questo corso?
    10.   Il corso sulla percezione uditiva porta il bambino alla comprensione di ciò che la musica trasmette dalla comprensione delle leggi che regolano il discorso musicale all’attenzione per il messaggio e per il linguaggio della musica: questa concezione “linguistica” è la base per l’insegnamento musicale. Attraverso l’ascolto si sviluppa la propria percezione uditiva sempre più finemente; collegando i due momenti di produzione (studio dello strumento) e ascolto (audiopercettiva) il bambino potenzia la musicalità, l’orecchio, il senso ritmico, le capacità di concentrazione e memorizzazione.
    11. Ma quindi a chi si rivolge il corso?
    12. Il Corso è inteso come la continuazione ideale del Corso Propedeutico. La partecipazione non è ovviamente obbligatoria ma vivamente consigliata a tutti quei bambini che frequentano un corso di strumento. I bambini coinvolti saranno quelli della scuola elementare (scuola primaria secondo la recente riforma), quindi di età compresa tra i 6 e i 10 anni.
    13. Com’è organizzato il corso?
    14. Il Corso sarà organizzato in 5 livelli un’ora alla settimana, ma prima mi lasci dire che condizione necessaria e imprescindibile per una resa ottimale di ogni livello è che vi sia un’assoluta omogeneità sotto il profilo della preparazione e dell’età dei bambini. Per questo non accettiamo iscrizioni a corso avviato tranne in casi eccezionali e concordati precedentemente con il docente. Ogni gruppo sarà formato da 5/6 bambini al massimo per permettere un lavoro di gruppo ma in cui possa esserci una continua verifica individuale delle competenze e dei risultati raggiunti. Uno degli aspetti per me più interessanti, soprattutto in una scuola come la nostra, nella quale solitamente l’allievo rimane solo per  il tempo necessario alla propria lezione individuale, è che il bambino, frequentando il corso di Percezione Musicale ha da un lato un’occasione unica per confrontarsi con un gruppo di coetanei, studenti di musica anch’essi, uscendo dall’isolamento a cui spesso lo studio musicale relega, dall’altro di compensare e completare le lezioni individuali di strumento con un’attività che esplori le caratteristiche del suono e dei rapporti tra i suoni, la forma musicale, sviluppi la lettura e la scrittura ritmica e melodica, in attesa e come preparazione al Corso di Teoria e Solfeggio tradizionale.
    15. Che ogni ex allievo di musica ricorda di solito come uno dei corsi più aridi e più noiosi…
    16. Così com’è concepito, in effetti, non mi sembra possibile frequentarlo prima dei 10/11 anni. L’esperienza che ho maturato in molti anni di insegnamento mi ha però dimostrato che con una preparazione come quella che le ho detto, l’approccio alla Teoria e Solfeggio è enormemente facilitato, soprattutto negli aspetti legati al dettato melodico e al solfeggio cantato. Inoltre la preparazione viene allargata anche ad alcuni aspetti dell’Armonia, di solito affrontati molto più avanti ma che, secondo me, rivestono un’importanza fondamentale fin dai primi anni di studio dello strumento.
    17. Insomma, se ho ben capito si cerca di dare al bambino una vera e seria educazione musicale di base?
    18. La più completa possibile. Abbastanza insomma per potere affrontare un curriculum musicale anche a livello professionistico. Per questo diamo grande importanza anche  all’ascolto attivo in cui, attraverso la proposta di brani registrati o dal vivo, i bambini verranno stimolati e guidati al riconoscimento e alla comprensione di tutti gli argomenti legati al suono, al ritmo, alla melodia, all’armonia, ecc. Sarà inoltre un’occasione per i bambini per farsi guidare all’ascolto dei grandi autori e capirne i significati, le emozioni, gli intenti.

     

    Laura Peco ha intrapreso all’età di cinque anni lo studio del pianoforte, partecipando prestissimo a concorsi e concerti per giovani pianisti.

    Ha continuato gli studi sotto la guida di Ada Mauri presso la Scuola Musicale di Milano conseguendo, dopo la maturità classica, il diploma in pianoforte al Conservatorio di Brescia.

    Si è specializzata poi in Didattica della Musica, diplomandosi anche al Corso Triennale per animatori musicali del Centro Educazione Musicale di Base di Milano.

    Ha organizzato e coordinato numerosi corsi estivi musicali per bambini inizialmente in collaborazione con il C.E.I.S.(Centro Educativo Italo-Svizzero ) di Rimini e in seguito con l’associazione A.R.I.A., da lei stessa fondata, in numerose regioni italiane  (Lombardia, Piemonte, Toscana, Marche, Abruzzo).

    Ha studiato canto con Susan Lovegrove Graziano; ha fondato e diretto per numerosi anni il Coro dell’Acqua Potabile.

    Ha partecipato ad alcune trasmissioni radiofoniche sull’Educazione al Suono e alla Musica  e ha collaborato con alcune riviste specializzate.

    Ha collaborato come docente di Educazione al Suono e alla Musica al corso per psicomotricisti dell’Università Cattolica e del C.I.R.E.P.

    Ha collaborato come pianista con vari strumentisti e cantanti lirici;

    Attualmente suona in duo con la pianista Anna Verderio realizzando lezioni-concerto nelle scuole.

    Docente e aggiornatrice sulla Didattica della Musica in numerose Scuole di Milano e Provincia, Varese e Bergamo, ha istituito il Corso Propedeutico alla Musica presso l’Istituto Donizetti di Bergamo.

    Attualmente è attiva in alcune Scuole Elementari di Milano come docente e aggiornatrice. E’ vicedirettore didattico alla Scuola Musicale di Milano dove insegna  Pianoforte, Teoria e Solfeggio, Propedeutica Musicale e Percezione musicale

     

     

     

     

     

    CORSI  PER  BAMBINI

     

    I corsi che la Scuola Musicale di Milano offre ai bambini sono molteplici:

     

    Corso Propedeutico (per bambini dai 3 ai 6 anni; durata consigliata: 2 anni)

     

    Corso di Percezione Musicale (per bambini dai 7 agli 11 anni; durata consigliata: 5 anni)

     

    Corso di teoria e solfeggio tradizionale (da frequentarsi dagli 11 anni in poi, dopo il corso di      Percezione Musicale, con eventuale preparazione per la Licenza di Teoria e Solfeggio in Conservatorio)

     

    Corsi di strumento (dai 5/6 anni in poi; corsi liberi e tradizionali con eventuale preparazione agli esami in Conservatorio).

     

    Da anni è inoltre attivo un Coro di Bambini diretto dalla Prof.ssa Claudia Vanzini.

     

     

     

    CORSI DI STRUMENTO

     

    Gli strumenti che la nostra scuola offre ai bambini sono molteplici e numerosi sono i docenti che da anni si dedicano con passione e competenza (non solo musicale ma anche pedagogica) all’insegnamento ai più piccoli.

    Le lezioni sono individuali e della durata di ½ ora o un’ora a seconda dell’età e della disponibilità.

    Si richiede un piccolo studio a casa che deve essere dapprima di pochi minuti ma quotidiano. Lo strumento deve entrare pian piano nella vita del bambino come qualcosa di naturale, come lavarsi i denti o pranzare.

    Vi invitiamo a considerare anche alcuni strumenti forse meno popolari ma molto indicati allo studio dei piccoli. In ogni caso: ascoltate i vostri bambini! Il più delle volte, magicamente, sanno da soli qual è lo strumento che si adatta maggiormente loro. Naturalmente è possibile, prima di decidere, vedere, sentire e provare gli strumenti e conoscere gli insegnanti.

     

    Pianoforte

    È sicuramente lo strumento più conosciuto e richiesto per l’apparente facilità di approccio. E’ vero che i tasti sono lì e basta premerli, ma ben presto ci si accorge che questo studio è uno dei più difficili e lunghi. È comunque uno strumento che esercita un fascino particolare sui piccoli, forse anche per le dimensioni. Inoltre bisogna predisporre in casa  un locale adatto ad accoglierlo ed è escluso che possa essere sostituito da tastiere o altro: sono strumenti del tutto diversi ed è inoltre importante che il bambino si abitui a un suono acustico e non elettronico!

    L’apprendimento si basa sulla graduale conoscenza della tastiera, delle grandi possibilità che lo strumento offre; la lettura avviene affrontando contemporaneamente le due chiavi (violino e basso) e le due mani, prima con poche note e poi allargando sempre più la gamma dei suoni. Grande importanza viene data alla memorizzazione, al trasporto nelle tonalità più semplici, al canto mentre si suona che favorisce la consapevolezza dei respiri e della frase musicale.

     

    Archi

    Dal violino al contrabbasso (passando per la viola e il violoncello), c’è solo l’imbarazzo della scelta. Inoltre gli Archi, al contrario del pianoforte…, possono essere affrontati meglio dal bambino anche per l’esistenza di strumenti di dimensioni più piccole del normale che si adattano meglio alla mano del bambino. Ciò è valido anche per il violino che per quanto piccolo e maneggevole esiste di varie dimensioni adatte alle varie età del bambino. Si dice che  violino e bambino crescano insieme! Le difficoltà sono semmai nella produzione del suono e nell’intonazione. Tuttavia, basta avere pazienza e costanza e, abituando gradualmente l’orecchio a distinguere i diversi suoni, si può pian piano affrontare anche i problemi apparentemente più insormontabili.

    Per ulteriori informazioni su questi strumenti non esitate a mettervi in contatto con la Segreteria.

     

    Arpa

    L’arpa è uno strumento tradizionalmente accostato agli angeli e agli dei per il suo suono particolarmente etereo . Esiste di varie dimensioni. Ha un’utilizzo anche diverso dalla musica classica come nel caso dell’arpa celtica che ben interpreta il repertorio popolare.

    La Scuola Musicale di Milano organizza un Progetto per un corso di arpa con il metodo Suzuki .

    Il corso è indirizzato a bambini in età prescolare ( dai 4 ai 6 anni ) , che in questa fascia di età possono iniziare un percorso musicale e strumentale di apprendimento basato sull’imitazione .

    La condizione necessaria per iniziare il percorso è la disponibilità di un genitore ad assistere il bambino durante la lezione e a casa ( naturalmente lo “studio”  sarà di pochi minuti, non più di cinque all’ inizio, ma giornaliero ).

    Saranno ammessi bambini un po’ più grandicelli a discrezione dell’insegnante.

    Suonare come parlare.

    Sono le tre semplici parole all’ origine di un metodo che ha cambiato il corso dell’ educazione musicale del secolo appena trascorso. Sono la base del Metodo Suzuki ideato dal violinista giapponese Shiniki Suzuki. Grande didatta, Suzuki dimostrò che si poteva insegnare musica a un bambino così come gli si insegna a parlare. Un bambino impara a parlare ascoltando e ripetendo le parole dette dai genitori; Suzuki si domandò perché lo stesso bambino non potrebbe imparare a suonare ascoltando e ripetendo continuamente un frammento musicale, un ritmo, una melodia che gli stessi genitori, preparati dall’ insegnante, gli propongono quotidianamente. La risposta fu un metodo che, coinvolgendo bambini e genitori, apre le porte di casa alla musica e alle note prima che alla lettura delle stesse .

    Strumenti.

    Per quanto riguarda le arpe si utilizzano piccoli strumenti che siano proporzionati e studiati per i bambini.

    Queste piccole arpe celtiche sono noleggiabili nel negozio milanese della ditta Salvi harps.

    Naturalmente sarà presente in scuola un piccolo strumento per le lezioni.

    Lezioni.

    Le lezioni avranno una cadenza settimanale e dureranno mezz’ ora.

    Il tempo della lezione sarà articolato in momenti vari e differenti: giochi sulla postura strumentale, canzoni per memorizzare piccoli frammenti musicali,  giochi sulla ritmica e contatto con lo strumento.

    Considerazioni.

    Al di là del fatto di poter imparare uno strumento musicale, il progetto- suzuki ha una valenza educativa ed etica molto forte.

    Pone il genitore nelle condizioni di potere- dovere dedicare al figlio uno spazio privilegiato che, se gestito con equilibrio, diventa speciale per entrambi ( genitore e figlio). La musica  diventa un elemento che entra a far parte del tessuto familiare con naturalezza , diversamente rispetto ai corsi tradizionali dove il genitore “consegna” il figlio all’ insegnante per farne piccolo musicista.

    Un altro aspetto importante è che fin da subito si inizia a suonare insieme, all’insegnante e agli altri bimbi. Il bambino imparerà a capire in modo concreto il proprio ruolo all’ interno di un gruppo, la propria capacità di fare e stare con gli altri senza rinunciare ad essere, come direbbe Suzuki, “profondamente se stesso”.

     

     

    Flauto Dolce

    E’ uno strumento che siamo abituati ad ascoltare suonato male alle scuole medie. In realtà ha un suono gradevolissimo, vicino alla voce umana ed esiste in varie dimensioni e forme.

    Il flauto dolce possiede molte qualità che fanno di esso lo strumento musicale ideale per accostare i bambini al mondo della musica:

     

    – è immediato: da subito si possono ottenere suoni ed effetti sonori molto gradevoli,

    – è naturale: è infatti lo strumento musicale più vicino alla voce umana,

    – è piccolo e maneggevole: si può portare e suonare dappertutto!

    – è di costo contenuto: esistono oggi ottimi strumenti di legno a prezzi molto vantaggiosi.

     

    Il nostro corso di flauto è rivolto a bambini di età da 8 anni in poi. Le lezioni, della durata di un’ora una volta alla settimana, si svolgono con due allievi per ora.

     

    Il corso è rivolto non solo ai bambini, c’è infatti la possibilità di svolgere il corso con il bambino e uno dei suoi genitori; questo può costituire un’esperienza educativa e comunicativa molto coinvolgente, gratificante e divertente.

     

    Docenti: Seiko Tanaka, Daniele Bragetti e Nicola Sansone

     

     

    Flauto Traverso

     

     

     

     

     

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